Nascita pretermine.
Si spezza un filo, precocemente.
Il mondo del neonato improvvisamente cambia: gli viene a mancare il suono del battito del cuore della sua mamma, il dondolio del suo incedere durante il giorno, il suo respiro durante la notte.
Non ha più un nido caldo e accogliente dove continuare a crescere indisturbato: in una frazione di secondi il suo mondo diventa troppo grande e freddo per il suo corpicino che conosceva solo i confini del pancione della mamma, troppo rumoroso per orecchie abituate a suoni ovattati dal liquido amniotico, troppo luminoso per i suoi piccoli occhi.
Ma anche per i genitori non è semplice. Erano ansiosi di conoscere il loro cucciolo, ma non sono preparati a prendersi cura della sua fragilità estrema e hanno difficoltà a comprendere un linguaggio medico, che nel suo tecnicismo può diventare ostico. Molti raccontano di emozioni forti di sconforto, di solitudine, di incertezza e impotenza.
In particolare, poi la mamma vive e sperimenta il trauma da parto, aggravato dalla separazione forzata del piccolo.
E allora, cosa fare?
Proviamo a riannodare questo filo spezzato: mettiamo in contatto i genitori con le loro emozioni, permettiamo loro di sentirsi competenti nel loro ruolo, facilitiamo un avvicinamento al proprio cucciolo.
La risposta per tutta la famiglia può essere la marsupioterapia, conosciuta anche come Kangaroo Mother Care (KMC).
Il neonato prematuro, a contatto con l’adulto, può ritrovare il suo nido: il corpo della mamma e del papà lo tiene al caldo e diventa il suo nuovo confine. Si sente al sicuro e la sua crescita può continuare indisturbata e meglio che in una incubatrice: riposa più sereno, il suo battito cardiaco e il suo respiro diventano regolari.
I genitori, attraverso il pelle a pelle con il neonato, sentono concretamente di essere capaci di prendersene cura. Percepiscono il suo corpo e il suo benessere, cominciano a conoscerlo e a riconoscerlo, non solo fisicamente ma anche emotivamente.
E anche chimicamente avviene una magia: aumenta l’ossitocina nel corpo del “portatore” e quindi si rafforza l’attaccamento al bambino e il senso di maternità (Miborg. 2003).
Il contatto attraverso la creazione di uno spazio protetto (lo spazio/fascia) tesse il filo per la costruzione di un legame fatto di cura, comunicazione e contenimento del neonato.
Citando l’OMS: “la marsupioterapia, ossia il tenere i neonati pelle a pelle con la mamma o il papà per un tempo prolungato, risulta essere molto efficace anche nella relazione con il proprio bambino”.
La distanza creata dalla separazione forzata e precoce, quindi, può essere eliminata. Un nuovo contatto, inesplorato e prezioso, diventa possibile, grazie alla marsupioterapia.
Ma cosa succede negli ospedali?
L’enorme opportunità offerta dalla KMC è ancora oggi per lo più sottovalutata o ritenuta più complessa nella gestione rispetto ad un “semplice” monitoraggio nelle termoculle. Si continua, quindi, a fare quello che “si è sempre fatto finora”.
Tuttavia, si percepiscono i primi segnali di cambiamento: aumenta la sensibilità dei singoli operatori, insieme alle conoscenze scientifiche del settore.
Per questo motivo, proprio in questo momento, ritengo fondamentale portare avanti con il Centro Studi due mission fondamentali:
– Contribuire alla sensibilizzazione e alla formazione dell’equipe ospedaliera della TIN per l’utilizzo della fascia come strumento terapeutico, permettendo un cambio di paradigma da un approccio totalmente medicalizzato ad uno tendente al benessere della famiglia, che comprende non solo la salute fisica, ma anche quella emotiva e relazionale.
– Sostenere i genitori dei bambini prematuri nel “back to home”: per la delicata costruzione della relazione affettiva, per il riconoscimento delle proprie competenze (empowerment), per una cura naturale della famiglia.
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