Con questo primo lunedì di settembre, ritorniamo quasi tutti alla routine lavorativa post vacanziera. Ed è questo il periodo in cui iniziano anche gli inserimenti all’asilo.
Molti genitori con i loro bimbi si ritrovano a vivere il primo “distacco”. Come sempre, mi permetto di parlare al plurale, perché l’inserimento all’asilo non è qualcosa che riguarda solo il bimbo, ma la diade/triade al completo, poiché si tratta di una esperienza che a livello emotivo coinvolge l’intera famiglia. E il “distacco” è bi/trilaterale. E ciascuno di noi lo vive in un modo “speciale” e specifico.
E allora accade che siamo consapevoli e desideriamo questo momento. Lo immaginiamo, proviamo a prepararlo. Ma, se pur con un iniziale entusiasmo nel vedere il nostro cucciolo crescere e andare, abbiamo un po’ tutti la nostra “stretta” allo stomaco.
Il passaggio da casa, come “nido” sicuro, all’asilo è sicuramente un momento molto delicato e sensibile che necessita di ascolto, comprensione e accoglienza, ma soprattutto ha bisogno del “giusto” tempo che non è mai lo stesso per tutti. Attraverso il modo in cui il bimbo reagisce, vedremo parti di noi ed emozioni che, se non abbiamo espresso e metabolizzato in precedenza, verranno fuori in modo spesso dirompente e con esse, tanti dubbi o sensi di colpa.
Se abbiamo scelto di essere genitori “a contatto”, potremmo anche metterci in discussione e chiederci se abbiamo sbagliato qualcosa, se siamo stati forse iperprotettivi. Potremmo chiederci se abbiamo fatto bene o male. Alcuni genitori potrebbero interrogarsi anche se fosse il caso di diminuire il portarli addosso per “abituarli” gradualmente al distacco.
Si apre così un ventaglio di emozioni. O meglio, mi correggo: si ha l’opportunità di “riconoscere” e “avvertire” un ventaglio di emozioni incredibili. Come dico spesso “essere portati e portare sono opportunità di valore” perché esprimono il linguaggio silenzioso dell’amore (ossitocina), veicolato dalla pelle, dove il sentire e il comunicare attraverso il corpo consentono quell’empatia profonda che non ha bisogno di “parole”. Opportunità di valore nelle quali il contatto affettivo, la comunicazione emotiva, la “presenza” con voi stessi e i vostri cuccioli non viene meno.
Questo perché il babywearing è “con-tatto” con il proprio cucciolo, ma anche con sé stessi. Il tessuto della fascia contiene e abbraccia il nostro piccolo, ma anche noi.
Siamo contenuti e conteniamo al tempo stesso.
Il babywearing, poi, facilita il ricongiungimento, poiché ci si ritroverà a “casa” in quello spazio/tempo in cui possono anche essere espresse tutte le emozioni.
Ed è proprio in quello spazio/tempo giusto in cui cuore a cuore… pancia a pancia… occhi negli occhi, è concesso far fluire le emozioni attraverso il corpo. Questo si collega direttamente al conforto, alla consolazione, all’accoglimento degli stati d’animo del bambino durante la separazione dai suoi genitori. Un bambino portato è un bambino che trova la possibilità di sentirsi accolto nel suo smarrimento o anche solo nel suo bisogno di conferme.
E quindi tutte le emozioni possono essere espresse dal cucciolo e contenute dal genitore.
Dopo numerosi anni di esperienza a “contatto” con i genitori, seguiti nei loro percorsi, ho rilevato una certa facilità nel distacco data dalla sicurezza e dalla fiducia che dona il babywearing. Un bambino che cresce vedendo soddisfatti i propri bisogni di prossimità e vicinanza, è un bambino che tendenzialmente riesce a gestire il distacco in modo più sereno e meno traumatico, e conseguentemente il distacco è più agevole anche per il genitore. Allo stesso tempo, un genitore che si è colmato totalmente, soddisfacendo la sua istintiva spinta alla cura e all’amore, lascerà più facilmente andare il suo cucciolo verso il mondo.
Ma non è detto sia sempre così. Un turbinio di emozioni a volte ci toccano profondamente ed è necessario chiedere sostegno e aiuto per gestirle. Ricordiamoci che i bimbi apprendono per imitazione ed è un grande dono avere un genitore che si accoglie e “sup-porta se stesso” quando ne ha bisogno.
Spesso nei miei corsi di formazione, parlo spesso della funzione di “holding” insita nel portare (con la fascia in particolare). Holding, dall’inglese “to hold”, tenere, mantenere, contenere…. E’ un meraviglioso contributo di Winnicott – se pur poco conosciuto – e corrisponde alla capacità della madre (e/o del padre) di tenere e contenere le angosce del suo piccolo.
Ricordiamoci sempre che il portare i propri cuccioli sostiene, ma lascia crescere!
Antonella Gennatiempo
Mamma, fondatrice Scuola del Portare
Dott.ssa in Psicologia
Counselor a Mediazione Corporea
Centro Studi Scuola del Portare | Natural Parenting & Babywearing Dismiss